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Dolore neuropatico

Il dolore è un’esperienza spiacevole, sensoriale ed emozionale effettivamente o potenzialmente correlata ad un danno tissutale o descritta in tali termini

Il dolore neuropatico è attualmete definito: “Dolore conseguente a lesione o malattia riguardanti il sistema somatosensoriale” (The International Association for the Study of Pain, IASP) e la sua incidenza nella popolazione generale si stima essere pari al 7-8%.

Questa definizione rimpiazza le precedenti precisando due elementi. Il primo, una semplice “disfunzione” del sistema somatosensoriale non è più ritenuta accettabile per definire la presenza di dolore neuropatico perché è difficile accettare sintomi come criteri di inclusione se essi non sono verificabili obiettivamente. Il secondo elemento precisa che la lesione deve interessare il sistema neurosensoriale escludendo quindi lesioni neurologiche che eventualmente coesistano con una integrità del sistema neurosensoriale.

Secondo quanto precisato da The International Association for the Study of Pain, la descrizione clinica di dolore neuropatico richiede la presenza di una lesione o malattia dimostrabile, a carico del sistema somatosensoriale, che soddisfi i criteri della diagnostica neurologica. Il termine “lesione” è comunemente usato quando gli esami diagnostici (per esempio diagnostica per immagini, neurofisiologia, biopsie, esami di laboratorio) evidenziano anormalità oppure quando c’è storia coerente di un trauma. Il termine “malattia” viene invece impiegato quando la causa della lesione è nota (per esempio ictus, vasculite, diabete mellito, patologie genetiche).

Sistema somatosensoriale e vie neurologiche per il dolore

Il sistema nervoso è costituito da unità morfologiche e funzionali note come neuroni.

Ciascun neurone è formato da:

  • corpo, sede del nucleo cellulare
    dendriti;
  • estroflessioni citoplasmatiche del corpo cellulare che ricevono i segnali nervosi emessi da altri neuroni o da cellule circostanti;
  • assone o fibra nervosa, prolungamento principale del corpo cellulare preordinato a trasmette il segnale nervoso;

Nella maggior parte dei casi, l’assone è provvisto di una guaina mielinica di rivestimento volta ad accelerare la trasmissione del segnale lungo la fibra nervosa. Predetta guaina è costituita dagli avvolgimenti della membrana cellulare di cellule gliali adiacenti agli assoni. Nel midollo spinale e nel cervello, tali cellule sono denominate oligodendrociti. Nei nervi periferici sono, invece, chiamate cellule di Schwann.

Le vie del dolore decorrono dai tessuti, dove possono realizzarsi eventuali stimoli dolorosi, e raggiungono la corteccia del cervello, sede della percezione del dolore. Esse sono costituite da tre neuroni (Fig 1).
Il primo neurone (neurone gangliare) possiede un corpo sito in strutture simil-nodulari vicini alla colonna vertebrale (gangli paravertebrali) ed una fibra assonica con decorso a T.
Una diramazione della fibra raggiunge i tessuti (le diramazioni dei vari neuroni concorrono a costituire filamenti chiamati nervi) e la sua terminazione recepisce gli stimoli dolorosi (nocicettore).
L’altra diramazione della fibra a T concorre a comporre le radici del nervo; entra nel midollo spinale e si raccorda con il secondo neurone il cui corpo si trova nel tessuto spinale.

Fig: 1. Via neurologica del dolore. I numeri si riferiscono ai diversi neuroni che compongono la via del dolore. La saetta rossa indica il possibile processo, ad esempio infiammatorio tissutale, responsabile del dolore “nocicettivo” che verrà trasmesso alla corteccia cerebrale (percezione del dolore).
Fig: 1. Via neurologica del dolore. I numeri si riferiscono ai diversi neuroni che compongono la via del dolore. La saetta rossa indica il possibile processo, ad esempio infiammatorio tissutale, responsabile del dolore “nocicettivo” che verrà trasmesso alla corteccia cerebrale (percezione del dolore).

L’assone del secondo neurone prosegue in direzione controlaterale, sale e raggiunge il cervello in una zona chiamata talamo (neurone spino-talamico della via del dolore, Fig. 1). Il secondo neurone si raccorda quindi con il terzo il cui assone termina a livello della corteccia cerebrale (neurone talamo-corticale). Per quanto riguarda l’area facciale, la sensibilità è mediata dal nervo trigemino costituito dagli assoni di cellule gangliari che risiedono nel ganglio del trigemino posizionato nella fossa cranica media. I neuroni gangliari trigeminali si raccordano con neuroni presenti nel cosiddetto nucleo del trigemino sito a livello del tronco cerebrale. I neuroni del nucleo trigeminale corrispondono ai neuroni spino-talamici e hanno quindi un assone che trasmette i segnali al talamo.

E’ opportuno ricordare che i neuroni periferici o gangliari, portatori di messaggi algici, appartengono a due categorie. La prima possiede assoni di diametro medio, provvisti di guaina mielinica di rivestimento, capaci di trasmettere rapidamente i segnali (fibre A). La seconda dispone invece di assoni relativamente più piccoli, privi di mielina e caratterizzati da una più lenta trasmissione dei segnali (fibre C).

Un qualsiasi stimolo esogeno potenzialmente lesivo può eccitare i nocicettori periferici. Questi trasformano il segnale in un impulso elettrico in grado di propagarsi, lungo gli assoni delle fibre nervose afferenti periferiche, fino al sistema nervoso centrale. Le fibre A trasmettono il dolore acuto, indotto per esempio da uno stimolo puntorio, consentendo anche una rapida e precisa localizzazione a livello della corteccia cerebrale.

A seguire, si avverte una percezione dolorosa più lenta, sorda e meno localizzata trasmessa dalle fibre C.

Il processo che conduce alla percezione dolorosa consta delle seguenti fasi.

  • Trasduzione: conversione dello stimolo nocivo in impulso elettrico causato da flussi trasmembrana di ioni (in particolare sodio);
  • Trasmissione: trasferimento dell’impulso al cervello attraverso i nervi sensitivi periferici e le vie di trasmissione costituite dai tre neuroni di cui sopra;
  • Modulazione: amplificazione o inibizione dell’impulso lungo il circuito di trasmissione;
  • Percezione: esperienza finale soggettiva ed emotiva del dolore

L’eccitabilità-stimolo dipendente e la trasmissione dello stimolo a livello neuronale sono altamente dipendenti dall’attività, a livello delle membrane cellulari, dei canali di sodio e calcio. L’apertura di questi canali permette rispettivamente l’entrata di sodio e calcio nelle cellule con conseguenti alterazioni dei potenziali di membrana. In ultima analisi, lo stimolo di partenza viene trasformato in un impulso elettrico conducibile.

La localizzazione e l’intensità del dolore vengono percepiti a livello della corteccia cerebrale ove termina la fibra del terzo neurone (Fig. 1). Le conseguenze emotive e vegetative, associate al dolore, sono determinate in sedi sottocorticali del cervello. Queste sedi sono principalmente rappresentate dalla corteccia cingolata anteriore e dal sistema limbico, interconnessi tra loro e con le vie talamiche dalle quali ricevono i messaggi algici (Fig. 2 ).

Modulazione della trasmissione dello stimolo doloroso

Come descritto in precedenza, lo stimolo doloroso periferico attiva un segnale ascendente fino alla corteccia. La sua intensità è sottoposta a regolazioni o modulazioni che, allo stato attuale delle conoscenze, avvengono prevalentemente a livello spinale. Nell’ultimo decennio, si è assistito a un’intensificazione delle ricerche sulla modulazione del dolore anche perché nuovi approfondimenti conoscitivi possono aprire prospettive razionali per migliori controlli farmacologici del dolore.
La modulazione a livello spinale è determinata da eventi che originano a due livelli.

  • A livello del sistema nervoso centrale e particolarmente in aree sotto-corticali. Esistono neuroni ad attività inibitoria ed anche stimolatoria capaci di modulare e prevelentemente inibire la trasmissione dello stimolo doloroso a livello spinale.
  • A livello del midollo spinale. In questa sede sono presenti piccoli neuroni (interneuroni spinali) che vengono attivati dalla trasmissione in entrata del messaggio doloroso e modulano la trasmissione del segnale tra neuroni gangliari e neuroni spino-talamici.

Fig.2. Modulazione della trasmissione a livello spinale da parte di aree sottocorticali. Nel riquadro a sfondo giallo sono ricordate varie aree sottocorticali, tra loro intercollegate, che tendono ad attivare l’Area Grigia Periacqueduttale (PAG). La PAG attiva il locus ceruleo ricco di neuroni noradrenalina positivi (attività inibitoria) ed il Midollo Rostrale Ventromediale (RVM), zona ricca di neuroni serotonino-positivi (attività inibitoria e stimolatoria a dipendere dai recettori sul neurone spino-talamico).
Fig.2. Modulazione della trasmissione a livello spinale da parte di aree sottocorticali. Nel riquadro a sfondo giallo sono ricordate varie aree sottocorticali, tra loro intercollegate, che tendono ad attivare l’Area Grigia Periacqueduttale (PAG). La PAG attiva il locus ceruleo ricco di neuroni noradrenalina positivi (attività inibitoria) ed il Midollo Rostrale Ventromediale (RVM), zona ricca di neuroni serotonino-positivi (attività inibitoria e stimolatoria a dipendere dai recettori sul neurone spino-talamico).

Modulazione da parte delle aree sottocorticali cerebrali

Il fenomeno è rappresentato in maniera semplificata e sintetica in Fig 2. Neuroni tra loro interconnessi, indipendenti e residenti in diverse aree sotto corticali, sono attivati dal messaggio doloroso che corre lungo le vie discendenti, dal cervello al midollo spinale, convergendo sulla membrana dei neuroni spinali e più precisamente sul corpo del secondo neurone della via del dolore (neurone spino-talamico).
L’azione modulatoria appare più intensa rispetto alla via facilitante la trasmissione dell’impulso dolorifico. L’inibizione è mediata dalla liberazione di noradrenalina da parte dei neuroni del locus coeruleo, particolarmente ricco di tali cellule (Fig.2).

Fig: 3. Teoria del cancello aperto o chiuso a livello spinale. La spiegazione è riportata nel testo nella sezione Modulazione da parte dei neuroni residenti e attivi a livello spinale.
Fig: 3. Teoria del cancello aperto o chiuso a livello spinale. La spiegazione è riportata nel testo nella sezione Modulazione da parte dei neuroni residenti e attivi a livello spinale.

Le cellule presenti in un’altra area cerebrale (Midollo rostrale ventromediale, RVM) liberano invece la serotonina la cui azione dipende dall’interazione tra la molecola ed il tipo di recettore disponibile sulla membrana del neurone spino-talamico. Le interazioni della serotonina (5 idrossi-triptamina, 5-HT) con recettori (R)-tipo 7 per la serotonina (recettori 5-HTR7) inibiscono l’attivazione del neurone spino-talamico. Invece, le interazioni della serotonina con recettori-tipo 2 e tipo 3 (recettori 5-HTR2 e 5-HTR 3) ne promuovono l’attivazione.

Sebbene l’intergioco tra diversi recettori presenti sul neurone spino-talamico condizioni l’attività del sistema di modulazione, questo tipo di modulazione è essenzialmente determinata da equilibri inter-neuronali superiori a livello sottocorticale. Il determinismo di tali equilibri inter-neuronali non è al momento definito, anche per la loro complessità.

Modulazione da parte di neuroni residenti e attivi solo a livello spinale

Questi neuroni, meglio noti come interneuroni spinali, sono relativamente piccoli e provvisti di dendriti ed assoni che risiedono in singoli segmenti del midollo spinale e di conseguenza agiscono localmente.

Nel novembre 2015, Pain Research Management ha celebrato il Cinquantesimo Anniversario dalla pubblicazione su Science 1965 di “Pain Mechanisms: a new Theory” (Ronald Melzach e Patrick Wall). Questa “teoria”, tuttora accettabile, si fonda sulla presenza di neuroni inibitori attraverso i quali uno stimolo non-doloroso riduce l’intensità percettiva di uno stimolo algico (Fig. 3).

L’interneurone inibitorio dispone di un assone che si raccorda con il secondo neurone della via del dolore ed esercita attività inibente mediata da vari fattori, tra i quali l’acido Gamma aminobutirrico (GABA) e la Glicina. Esso riceve segnali dalle fibre afferenti al midollo attraverso un tratto collaterale delle fibre Aδ e C. Inoltre, riceve segnali attraverso collaterali delle fibre Aβ che trasmettono le sensazioni tattili o pressorie con elevata velocità di conduzione.
Quando le fibre Aδ e C conducono un segnale dolorifico, inibiscono contemporaneamente l’interneurone e quindi l’impulso procede verso il secondo neurone della via del dolore per proseguire fino al cervello (Fig. 3 A, “cancello aperto”). Invece, quando la fibra Aβ è attivata da uno stimolo non dolorifico, essa stimola molto rapidamente l’interneurone con conseguente blocco della trasmissione di segnali dolorifici eventualmente condotti con relativamente minore velocità dalle fibre Aδ e C (Fig 3B, “cancello chiuso”).

In conseguenza di questo sistema interneurone-dipendente, se uno stimolo algico ed uno meccanico (quale il massaggio della sede di un trauma contundente) avvengono in immediata successione, la trasmissione del segnale-messaggio attraverso le fibre Aβ attiverà l’interneurone. A sua volta, quest’ultimo frenerà la trasmissione dell’impulso-dolore condotto dalle fibre Aδ e C con conseguente riduzione del dolore percepito (Fig 3B).

Nei decenni successivi, è stata confermata la presenza a livello spinale di interneuroni inibitori che agiscono liberando Gamma aminobutirrico (GABA) e Glicina oppure solo Gamma aminobutirrico (GABA).

In misura minore, sono presenti anche interneuroni stimolanti che agiscono mediante la liberazione dell’aminoacido Glutammato. Studi di immunoistochimica, condotti in particolare su modelli animali, hanno evidenziato l’esistenza di diversi sottotipi di interneuroni che sembrano essere interconnessi determinando vie di trasmissione diverse e complesse. Quanto queste vie inibitorie, oppure facilitanti, siano a loro volta influenzate dai sistemi discendenti non è attualmente chiaro. Tuttavia, le vie di trasmissione di segnali tra interneuroni sono state ipotizzate come potenziali bersagli per il controllo farmacologico della trasmissione di segnali algici.

Dolore neuropatico: sistema oppioide endogeno e plasticità del sistema
nervoso

Gli approfondimenti, particolarmente in modelli animali, hanno consentito di attribuire rilievo al sistema oppioide endogeno ed alla plasticità del sistema nel determinismo della cronicità del dolore neuropatico.

Fig 4. Sistema oppioide endogeno. In varie sedi sovraspinali, sono rappresentate le aree che compongono il sistema oppiode endogeno e che sono intercollegate. Queste sedi comprendono neuroni in grado di sintetizzare peptidi oppiodi e neuroni che dispongono di recettori per questi mediatori. Il sistema riceve segnalazioni algogene ascendenti lungo la via spino-talamica, elabora le informazioni e invia risposte discendenti mediante neuroni elaboranti oppiodi prevalentemente localizzati a livello del locus coeruleus e del midollo rostrale ventromediale.
Fig 4. Sistema oppioide endogeno. In varie sedi sovraspinali, sono rappresentate le aree che compongono il sistema oppiode endogeno e che sono intercollegate. Queste sedi comprendono neuroni in grado di sintetizzare peptidi oppiodi e neuroni che dispongono di recettori per questi mediatori. Il sistema riceve segnalazioni algogene ascendenti lungo la via spino-talamica, elabora le informazioni e invia risposte discendenti mediante neuroni elaboranti oppiodi prevalentemente localizzati a livello del locus coeruleus e del midollo rostrale ventromediale.

Sistema oppioide endogeno

Il sistema oppioide endogeno è costituito da quattro famiglie di molecole: beta-endorfine, encefaline, dinorfine e nocicettine. Questi mediatori sono polipeptidi prodotti da neuroni sotto forma iniziale di composti proteici. Inglobati in vescicole citoplasmatiche, sono trasportati lungo gli assoni e vengono rielaborati enzimaticamente per generare peptidi che si comportano come neurotrasmettitori recettore-specifici. I peptidi oppioidi vengono sintetizzati dai neuroni presenti in tutte le sedi coinvolte nella gestione del segnale doloroso (Fig. 4). I recettori oppioidi delta (DOP-R), kappa (KOP-R), mu (MOP-R) e per le nocicettine NOP-R sono rispettivamente specifici per la corrispondente famiglia di neurotrasmettitori oppioidi e diffusamente espressi su neuroni nelle sedi cerebrali coinvolte nella trasmissione o elaborazione del segnale doloroso ed in neuroni gangliari e spino-talamici (primo e secondo neurone della via del dolore).

Una via discendente, ritenuta di particolare rilievo inibitorio sulla trasmissione del dolore, è rappresentata in Fig 4. Segnali inibitori mediati da polipeptidi oppioidi discendono dall’Area grigia periduttale (PAG) raggiungendo il Locus coeruleo ed il Midollo rostrale ventromediale (RVM). Da queste aree, il segnale inibitorio procede fino al neurone spino-talamico riducendone l’eccitabilità. È interessante ricordare che, per ridurre l’eccitabilità nel neurone bersaglio, i neurotrasmettitori oppioidi vengono liberati a livello di dendriti ma anche di assoni dei neuroni bersaglio. Tra l’altro, questi neurotrasmettitori possono percorrere l’interstizio tra le cellule anche per un centinaio di micro-metri prima di legarsi ai recettori sulla membrana dei neuroni da inibire. Non sono noti i meccanismi che promuovono questi percorsi assai rilevanti soprattutto se si tiene, per esempio, presente che il diametro di una cellula quale un globulo rosso è di circa sette micro-metri.

Plasticità del sistema nervoso

Le cellule che costituiscono le vie del dolore ed anche i sistemi neurologici di modulazione non sono immodificabili. Il dolore neuropatico è infatti accompagnato da modifiche funzionali e strutturali nelle varie popolazioni di neuroni coinvolti. Per anni, si è ritenuto che queste modificazioni insorgessero a distanza di mesi o anni dalla comparsa del dolore. Recenti evidenze suggeriscono, invece, che la neuroplasticità si riscontra già dopo alcuni giorni dalla comparsa dei sintomi.

Le alterazioni funzionali comprendono variazioni dell’eccitabilità intrinseca di popolazioni neuronali, modifiche della velocità post-sinaptica del segnale ed alterazioni dei canali di membrana per ioni come quelli di sodio e calcio. Queste ultime modifiche condizionano i gradienti ionici transmembrana che rappresentano la base molecolare dell’eccitabilità neuronale cruciale per la trasmissione e conduzione dei segnali.

Inoltre, e quasi sorprendentemente, le trasformazioni in corso di dolore neuropatico inducono nei neuroni coinvolti un aumento delle ramificazioni dendritiche e del numero dei bottoni sinaptici (piccoli rigonfiamenti presenti sui terminali delle fibre assoniche che rappresentano l’interfaccia delle sinapsi ove avviene la trasmissione dei segnali).

La distribuzione spaziale di tali modifiche è in corso di approfondimento. Più frequentemente, le alterazioni neuroplastiche sono state identificate nella corteccia somato-sensoriale, nella corteccia cingolata anteriore e nell’area grigia periacqueoduttale (Fig 4). A questo riguardo, studi recenti hanno evidenziato come le modifiche a livello della zona grigia periacqueoduttale siano fortemente associate allo sviluppo di dolore neuropatico. Tali modificazioni appaiono, inoltre, essere reversibili dopo efficaci terapie analgesiche aprendo la possibilità di una loro manipolazione farmaco-inducibile per un approccio al controllo del dolore.

Dolore nocicettivo e neuroinfiammazione

La neuroinfiammazione ha un ruolo centrale nella patogenesi e nel mantenimento del dolore neuropatico (Fig 5). A conferma di ciò, a metà maggio 2022 su PubMed erano presenti oltre 1100 pubblicazioni, prevalentemente relative agli ultimi 5 anni, sul tema neuroinfiammazione-dolore neuropatico.

Fig. 5. Via del dolore: sedi di lesione e amplificazione del segnale doloroso. I tre neuroni che compongono la via del dolore sono numerati. Le saette esemplificano le sedi nelle quali possono verificarsi le lesioni che avviano il processo doloroso neuropatico. Le aree in rosso sono le sedi ove avvengono i fenomeni di modulazione dei segnali dolorosi ascendenti dalla periferia alla corteccia cerebrale.
Fig. 5. Via del dolore: sedi di lesione e amplificazione del segnale doloroso. I tre neuroni che compongono la via del dolore sono numerati. Le saette esemplificano le sedi nelle quali possono verificarsi le lesioni che avviano il processo doloroso neuropatico. Le aree in rosso sono le sedi ove avvengono i fenomeni di modulazione dei segnali dolorosi ascendenti dalla periferia alla corteccia cerebrale.

La neuroinfiammazione si riflette non solo sull’attività di trasmissione dello stimolo doloroso dalla periferia alla corteccia cerebrale (via del dolore definita dai tre neuroni, Fig. 5), ma condiziona attivamente le varie componenti del processo doloroso precedentemente descritte (Fig. 2 e 4). In particolare, influenza anche l’attività delle vie neurologiche discendenti inibenti o facilitanti (Fig. 2), l’attività del sistema oppioide endogeno (Fig. 4) e anche la plasticità del sistema nervoso.

Attualmente è bene acquisito il concetto secondo il quale una lesione, a vario livello della via del dolore (lesioni cerebrali e di nervi spinali), comporta una “sensibilizzazione” rispettivamente del primo neurone (neurone gangliare) o dei successivi neuroni della via (neurone spino talamico e neurone talamo-corticale) (Fig. 6). Tale sensibilizzazione neuronale facilita ed intensifica la trasmissione del segnale doloroso e tutto ciò si traduce in un’aumentata percezione del dolore.

Fig.6. Modulazione spinale della percezione dell’intensità del dolore: regolazione a livello del secondo neurone della via del dolore (neurone spinale = neurone spino-talamico). A. Soglia del dolore in condizioni “basali” a livello del neurone spino-talamico. B. Riduzione del livello di soglia di attivazione del neurone spino-talamico conseguente a inibizione di vie inibenti e/o attivazione di vie facilitanti. Alla riduzione della soglia corrisponde una maggiore intensità del dolore percepito (iperalgesia). C. Innalzamento del livello di soglia di attivazione del neurone spino-talamico conseguente a attivazione di vie inibenti e/o inibizione di vie attivanti. All’innalzamento della soglia corrisponde una minore intensità del dolore percepito.
Fig.6. Modulazione spinale della percezione dell’intensità del dolore: regolazione a livello del secondo neurone della via del dolore (neurone spinale = neurone spino-talamico). A. Soglia del dolore in condizioni “basali” a livello del neurone spino-talamico. B. Riduzione del livello di soglia di attivazione del neurone spino-talamico conseguente a inibizione di vie inibenti e/o attivazione di vie facilitanti. Alla riduzione della soglia corrisponde una maggiore intensità del dolore percepito (iperalgesia). C. Innalzamento del livello di soglia di attivazione del neurone spino-talamico conseguente a attivazione di vie inibenti e/o inibizione di vie attivanti. All’innalzamento della soglia corrisponde una minore intensità del dolore percepito.

Gli eventi alla base della sensibilizzazione, indotta dalla neuroinfiammazione, sono complessi ed oggetto di più ampio studio a livello spinale pur essendo in vario grado presenti anche nelle altre sedi di sensibilizzazione.

Il fenomeno della neuroinfiammazione è sintetizzato in Fig. 7 dove tutto conduce alla facilitazione della trasmissione del segnale dalla fibra afferente del neurone gangliare al secondo neurone spino talamico (fibra afferente e neurone spino-talamico sono rappresentati in azzurro).

La sensibilizzazione è indotta da cellule residenti nel tessuto spinale (astrociti e microglia) e cellule reclutate in loco dal sistema circolatorio (monociti, linfociti T, neutrofili e basofili). I dati attualmente disponibili suggeriscono che la lesione iniziale induca l’attivazione degli astrociti, cellule molto ricche di proiezioni citoplasmatiche. Un singolo astrocita è infatti in grado di contrarre migliaia (!) di contatti con cellule e strutture intercellulari circostanti.

Fig.7. Neuroinfiammazione. Sono rappresentati un neurone afferente gangliare e un neurone spino-talamico (in azzurro). Inoltre, sono rappresentati due interneuroni (in verde) dei quali uno inibitorio e l’altro stimolante. In giallo-arancio, sono riportati due esempi di cellule gliali residenti in loco (astrocita e microglia). Da un piccolo vaso in alto a sinistra, sono in uscita un monocita e un linfocita T in rappresentanza di cellule immuno-competenti reclutate nel territorio di infiammazione. Pallini grigi: chemochine. Pallini rossi: citochine IL 1 e TNF.
Fig.7. Neuroinfiammazione. Sono rappresentati un neurone afferente gangliare e un neurone spino-talamico (in azzurro). Inoltre, sono rappresentati due interneuroni (in verde) dei quali uno inibitorio e l’altro stimolante. In giallo-arancio, sono riportati due esempi di cellule gliali residenti in loco (astrocita e microglia). Da un piccolo vaso in alto a sinistra, sono in uscita un monocita e un linfocita T in rappresentanza di cellule immuno-competenti reclutate nel territorio di infiammazione. Pallini grigi: chemochine. Pallini rossi: citochine IL 1 e TNF.

L’attivazione di queste cellule avviene a livello genico con conseguente produzione di piccoli polipeptidi denominati chemochine (rappresentate in Fig. 7 come pallini grigi). Le chemochine attivano altre cellule residenti ed in particolare le cellule microglia.

Conseguentemente all’attivazione, la microglia si replica. Le cellule, replicate e non replicate, attivano i geni codificanti due citochine pro-infiammatorie, inteleuchina 1 (IL 1) ed il cosiddetto Fattore di Necrosi Tumorale (TNF). Le citochine IL1 e TNF (rappresentate in figura con pallini rossi) sono note per essere le molecole orchestranti dell’infiammazione ovunque essa si sviluppi nell’organismo.

La concentrazione locale di IL1 e TNF è poi incrementata dalla loro capacità di cooperare con le chemochine per indurre il reclutamento di cellule immuno-competenti che, a loro volta, producono altre chemochine e citochine. In questo modo vengono avviati circuiti di amplificazione e mantenimento dell’infiammazione, amplificazione in parte equilibrata da mediatori derivati principalmente dai monociti e capaci di moderare il processo con conseguente stabilizzazione.

Come evidenziato in Fig. 7, le terminazioni del neurone afferente gangliare, il neurone spino-talamico e le popolazioni di interneuroni inibenti e stimolanti, presenti a livello spinale, risultano esposti a IL1 e TNF. Queste citochine inducono alterazioni dei canali ionici delle membrane di tali cellule e modifiche strutturali dei neuroni con conseguente neo-plasticità, descritta in precedenza. Il risultato finale complessivo sarà una facilitazione per la trasmissione del segnale dolorifico solo parzialmente controllabile dai sistemi inibitori.

Differenza tra dolore nocicettivo e dolore neuropatico

Il dolore nocicettivo ed il dolore neuropatico sono sensazioni che devono essere tra loro differenziate. Il primo insorge a seguito di un danno tissutale con conseguente attivazione dei nocicettori e si contraddistingue per l’integrità del sistema somatosensoriale deputato alla conduzione degli impulsi dolorosi.

Il dolore neuropatico è, invece, dovuto a lesioni o affezioni della via neurologica del dolore. Se la malattia o la lesione interessa i nervi periferici, il dolore neuropatico è definito periferico. Se la malattia o la lesione interessa il sistema nervoso centrale, il dolore neuropatico è definito centrale.

Localizzazione e cause del dolore neuropatico

Schematicamente ed in funzione della causa, le lesioni possono verificarsi in quattro diversi settori.

1. Lesioni a livello dei recettori nocicettivi rappresentati dalle terminazioni tissutali del primo neurone periferico. Sono rare evenienze che riflettono alterazioni della funzione di canali elettrolitici a livello del nocicettore con conseguente impropriata attivazione. Sottendono probabilmente anomalie genetiche.

2. Lesioni lungo nervi periferici a carico del primo neurone del dolore. Anche a dipendere dal tipo di causa, la lesione può interessare l’intero nervo (assoni e guaine mieliniche) oppure selettivamente assoni o guaine. In quest’ultimo caso, si configurano condizioni di demielinizzazione. Il dolore neuropatico è periferico.

3. Lesioni a carico del tratto spino-talamico e quindi a carico del secondo neurone della via del dolore. Possono conseguire a traumi spinali o del soprastante tronco cerebrale e anche riflettere conseguenze di fenomeni compressivi (ad esempio ematomi post-traumatici). La lesione può coinvolgere gli assoni neuronali con loro guaine mieliniche, ma anche limitarsi ad alterazioni selettive delle guaine (sindromi demielinizzanti). Il dolore neuropatico è centrale.

4. Lesioni a carico del tratto talamo-corteccia cerebrale e quindi a carico del terzo neurone della via del dolore. Possono conseguire a trami cranici e riflettere fenomeni compressivi (ad esempio ematomi post-traumatici), ma anche ischemie. Come per il tratto spino-talamico, le lesioni possono coinvolgere gli assoni neuronali e/o guaine mieliniche. Il dolore neuropatico è centrale.

Le cause

Le cause delle lesioni potenzialmente responsabili di dolore neuropatico possono essere così sintetizzate.

  • Lesioni: traumi da incidenti, compresi i sinistri stradali

Trauma contusivo di uno o più nervi periferici,

Compressione di uno o più nervi periferici, Stiramento e strappamento di uno o più nervi periferici, Trauma spinale, Trauma cerebrale, Sindrome arto fantasma post-amputazione, Patologie post-churugiche.

  • Malattie:

Neuropatia diabetica, Sclerosi multipla, Alcolismo, Malnutrizione, Trattamenti chemioterapici, Esposizione protratta a sostanze tossiche, Porfirie, Nevralgia Trigeminale e Patologie infettive con interessamento del sistema nervoso, compresa la neuropatia post-herpetica.

Dolore neuropatico: sintomi

I soggetti con dolore neuropatico solitamente avvertono sensazioni dolorose lancinanti e/o brucianti. Manifestano una particolare sensibilità agli stimoli dolorosi e riferiscono intorpidimento e formicolio in corrispondenza della parte offesa.

In breve, le sensazioni maggiormente riferite.

  • Allodinia: dolore provocato da stimoli che, in condizioni di normalità, sono innocui e privi di conseguenze (Fig. 8)
  • Iperalgesia: risposta amplificata a stimolazioni lievi (Fig. 8)
  • Anestesia dolorosa: dolore spontaneo avvertito in un’area del corpo anestetizzata
  • Disestesia: anomala sensazione del senso tattile accompagnata da dolore, bruciore e prurito
  • Iperestesia: eccessiva sensibilità a stimoli tattili, termici e dolorifici
  • Iperpatia: sensazione dolorosa anomala causata da una stimolazione ripetitiva con coinvolgimento di grandi aree del corpo
  • Parestesia: alterazione qualitativa indolore della sensibilità caratterizata da sensazione spontanea di formicolio e/o intorpidimento

Fig.8. Dolore nocicettivo e dolore neuropatico. Nella parte ineriore della figura: allodinia (freccia nera) e iperalgesia (freccie rosse).
Fig.8. Dolore nocicettivo e dolore neuropatico. Nella parte ineriore della figura: allodinia (freccia nera) e iperalgesia (freccie rosse).

Diagnosi di dolore neuropatico

La diagnosi di dolore neuropatico rappresenta una procedura medica impegnativa. Infatti, il dolore neuropatico non è una malattia con una precisa eziologia identificabile e dimostrabile con univocità mediante una valutazione che risponda a criteri di obiettività e riproducibilità.

I criteri diagnostici sono di conseguenza piuttosto labili e le relativamente numerose linee guida diagnostico-terapeutiche non sono omogenee. Questo problema diagnostico influenza non solo l’approccio al singolo paziente, ma anche la confrontabilità tra vari studi clinici e la possibilità che studi clinici diversi possano essere omogeneizzati per revisioni sistematiche.

A conferma di tutto questo, vari autori di diverse nazioni, nel contesto dell’International Association for the Study of Pain, hanno riconsiderato 731 pubblicazioni sul tema.
Su questa base, hanno poi redatto e pubblicato su Pain 2016 una Comprensive Review: “Neuropathic pain: an updated grading system for research and clinical practice”.

In questa revisione, vengono ridefinite alcune modalità di approccio alla diagnosi di dolore neuropatico che possono condurre a definire diversi livelli diagnostici:

  • dolore neuropatico “possibile”
  • dolore neuropatico “probabile”
  • dolore neuropatico “confermato”

Queste modalità di approccio richiamano le modalità classiche dell’approcccio medico alla diagnostica con le caratteristiche fasi rappresentate da: Anamnesi, Esame obiettivo ed Indagini laboratoristico-strumentali mirate e confirmatorie.

Il processo diagnostico può coinvolgere diverse professionalità che comprendono il medico di famiglia, il neurologo, il neurofisiopatologo clinico, l’anestesista e lo specialista del dolore oltre a neuroradiologo e eventuale anatomopatologo.

Dolore neuropatico possibile

La raccolta della storia anamnestica del paziente dovrebbe mirare in primis a ricercare una concreta relazione tra la sintomatologia dolorosa lamentata e la storia di un’eventuale lesione neurologica traumatica o di una malattia coinvolgente il sistema neurologico.

È necessario escludere l’intervento di altre patologie, ad esempio degenerative o infiammatorie o comunque non-neurologiche che possano causare dolore nocicettivo. Rilevante è definire al meglio la descrizione del dolore, dei fattori eventualmente scatenanti, delle situazioni aggravanti o riducenti il dolore e l’eventuale presenza di sintomi non-dolorosi quali ad esempio parestesie e senzazioni di anestesia localizzata.

In ogni caso, sono necessari due elementi per definire “possibile” un dolore neuropatico.

  • La presenza di una storia di lesione o malattia coerente con l’interessamento del sistema nervoso somatosensoriale. Il tempo di insorgenza è un elemento rilevante per correlare una lesione o una malattia al sintomo dolore, ma è anche insidioso. Non ci sono infatti regole per cosi dire assolute. Spesso, il dolore insorge precocemente e comunque entro settimane dal trauma o dall’insorgenza della malattia, ma può anche essere tardivo.
  • La distribuzione del dolore deve essere in sedi coerenti con la sede della lesione e, in caso di malattia, con le sedi neurosensoriali note per essere interessate dalla patologia.

Dolore neuropatico probabile

Richiede l’esame neurologico clinico dettagliato e l’attenta collaborazione del paziente. Sarà opportuno rilevare difetti parziali o completi dei diversi tipi di sensibilità e della loro congruità di sede. La loro assenza non può, tuttavia, escludere il dolore neuropatico.

Importante sarà anche la ricerca di allodinia e iperalgesia con distribuzione neuroanatomica coerente, sebbene sia da tenere presente la possibiltà confondente di patologie responsabili di dolore nocicettivo.

Possono essere, inoltre, utili test sensoriali quantitativi comprensivi della valutazione della sensibilità della cute e di strutture più profonde come i muscoli. I test possono rilevare sintomi positivi (allodinia ed iperalgesia meccanica, termica o da freddo) e documentare eventuali sintomi negativi (perdita della sensibilità meccanica o termica).

Dolore neuropatico confermato

La definizione richiede esami diagnostici obiettivi e ripetibili che documentino l’alterazione del sistema neurologico somatosensoriale conseguente a lesione o malattia.

La sede anatomica dell’alterazione neurologica deve essere coerente con la sede della lesione o malattia. Questi esami, di tipo specialistico, comprendono: Tomografia assiale computerizzata, Risonanaza magnetica, Indagini elettofisiologiche quali lo studio della velocità di conduzione dei nervi e lo studio di potenziali evocati. La biopsia cutanea e la microscopia confocale corneale sono da effettuarsi in casi selezionati.

Il trattamento del dolore neuropatico

Il trattamento del paziente con dolore neuropatico è delicato e problematico.

Sono disponibili varie Linee Guida, ma si deve tenere presente che l’approccio farmacologico è attualmente basato su farmaci non certamente efficaci e con effetti indesiderati e controindicazioni. Diverse Linee Guida sottolineano l’importanza di un approccio multidisciplinare nella gestione di questa patologia.

Ad esempio, un approccio fisiatrico, fisioterapeutico e psicologico sono rilevanti per la gestione delle manifestazioni associate al dolore quali ansia, depressione, insonnia e non accettazione dei disturbi. Attualmente, esiste un buon accordo tra le diverse linee guida su tre categorie di farmaci da prendere in considerazione come prima linea di terapia.

Queste categorie comprendono:

  • antidepressivi come l’amitriptilina
  • inibitori della ricaptazione di noradrenalina e serotonina come la duloxentina
  • bloccanti dei canali del calcio come gabapentin e pregabalin

Sono disponibili anche prodotti topici quali cerotti o creme con lidocaina o capsaicina. Questi ultimi preparati vengono anche utilizzati in prima linea di terapia per pazienti con dolore neuropatico molto localizzato. Tuttavia, il controllo del dolore richiede frequentemente combinazioni di diversi farmaci in seconda o terza linea di terapia. Altre possibilità terapeutiche sono la tossina botulinica tipo A, il Tramadolo e gli oppioidi.

Per casi refrattari, si possono valutare procedure di neuromodulazione o la somministrazione di oppioidi per via spinale.
In relazione al trattamento, varie Linee Guida sono disponibili sulla banca dati PubMed. In questa sede e a titolo esemplificativo, citiamo la Linea Guida della American Academy of Pain Medicine che propone sei linee successive di terapia ed è riportata in Bibliografia “A Comprehensive Algorithm for Management of Neuropathic Pain” Pain Medicine, 2019.

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