Quando si parla di dolore cronico, spesso si pensa a specialisti, tecnologie avanzate, terapie complesse. Ma il vero punto di partenza è spesso molto più vicino di quanto immaginiamo: il medico di famiglia.
È lui – o lei – che può cogliere i primi segnali di un dolore che non passa, che può capire se si tratta di un dolore “classico”, da infiammazione o trauma, oppure di qualcosa di diverso, più subdolo, più silenzioso: il dolore neuropatico.
Eppure, ancora oggi, questo tipo di dolore viene spesso frainteso, trascurato, trattato con farmaci inadatti (come antinfiammatori) che non solo sono inutili, ma rischiano anche di fare danni.
Una semplice valutazione clinica – con pochi strumenti, un po’ di ascolto, e un’attenzione vera – può fare la differenza tra una vita vissuta nel dolore e un percorso di cura efficace e dignitoso.
Il dolore cronico, soprattutto quello neuropatico, non è un sintomo come gli altri: è una malattia a sé. E il primo passo per riconoscerlo è saperlo ascoltare.
In un sistema sanitario spesso in affanno, dobbiamo ridare valore al ruolo dei medici di base: formarli, aggiornarli, affiancarli. Perché se cambia il loro sguardo, cambia anche il destino di milioni di persone che oggi convivono con un dolore invisibile.